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FootLab – Le controverse accademie Red Bull in Ghana e Brasile

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Sogakope è un paese di circa 5mila abitanti, capoluogo del distretto di Tongu Sud, uno dei tanti in cui è suddiviso il Ghana. Sogakope dista un centinaio di chilometri dalla capitale dello stato africano, Accra, ed è costeggiato dal fiume Volta. Ha un resort noto in zona, qualche villetta, mercati tradizionali e infrastrutture essenziali e qui la Red Bull ha visto un terreno fertile per fondare un’academy sotto la sua effige.
Entrata poderosamente nel calcio nel 2005 con la fondazione del Red Bull Salisburgo e nel 2006 con i New York Red Bulls, nel 2007 decide di puntellare, con un’altra bandiera, il continente africano. Ancora una volta è il contatto con l’Austria a spiegare le vele del progetto: la Red Bull, infatti, rileva la Soccer School of Lavanttal, una scuola calcio a Sogakope controllata da Dietmar Riegler, uomo d’affari d’oltralpe e anche presidente del Wolfsberger AC, squadra che milita nella Fußball-Bundesliga, l’equivalente della Serie A italiana.
Diversamente da quanto fatto in Europa e negli Stati Uniti, in Africa, Dietrich Mateschitz, fondatore della Red Bull, è deciso a cambiare strategia: se New York è servita per agganciarsi al mercato mondiale e far schizzare il marketing e il business della bevanda ambrata; se a Salisburgo e a Lipsia, terre più legate al valore calcistico, l’azienda ha combinato promozione del marchio e sport, in Ghana si focalizza solo sulla scoperta di possibili talenti. E’ probabile che mr. Red Bull abbia voluto provare a vendere le lattine dell’energy drink anche qui, ma a giudicare il manifesto del progetto, non era l’idea prioritaria.

Una delle squadre del settore Red Bull Ghana

Strutture all’avanguardia e calciatori mandati in giro per l’Europa
Con un investimento di 5,5 milioni di euro, più spese mensili di 100mila euro per gestire la struttura, la Red Bull entra attivamente nella realtà ghanese realizzando uno stadio da mille posti, altri due campi da calcio oltre al centro sportivo, moderno e all’avanguardia per gli standard locali. Come detto, al di là della partecipazione ai campionati regionali, l’obiettivo del Red Bull Ghana è scoprire, attraverso attività di scouting e maturazione, giovani calciatori, prima di farli assaggiare il calcio professionistico, trasferendo due-tre ragazzi all’anno, nelle sorelle in Europa o in Nord America.
Una’accademia in tutto e per tutto, con aule di studio e di formazione e una robusta struttura di crescita con under 13, under 15, under 17 e la prima squadra. Nel corso degli anni, dall’academy sono usciti diversi calciatori promettenti: la maggior parte è rimasta in patria in squadre che disputano la Premier League ghanese come la prestigiosa Asante Kotoko o la Aduana Stars; pochi, invece, sono quelli che hanno completato il cammino pensato in origine dalla Red Bull e sono approdati nel vecchio continente. Felix Adjei, centrocampista del 1990, è stato il primo proveniente dall’accademia a essere tesserato dalla Red Bull Salisburgo: arrivato in Austria, con un permesso per un periodo di prova, Adjei ha convinto l’allenatore Niko Kovac che l’ha inserito nella formazione Juniores. Dopo un paio di anni approda in prima squadra e ora gioca nell’FC Liefering, squadra austriaca sempre affiliata alla Red Bull.
Cammino simile per l’attaccante del 1995, Raphael Dwamena, il quale, dopo aver fatto la spola tra prima squadra e riserve è stato ceduto all’SC Austria Lustenau che disputa l’Erste Liga (equivalente della Serie B italiana). Il più promettente è anche il  più giovane: David Atanga ha 19 anni e dopo una sola buona stagione con la maglia salisburghese è stato acquistato, nella sessione estiva di calciomercato, dall’Heidenheim, squadra di ZweiteBundesliga tedesca, che lo ha pagato 500mila euro.

Allenamento del settore giovanile
Allenamento del settore giovanile

Rigurgito colonialista e legami sociali sottovalutati: il RB Ghana chiude i battenti
Il centrocampista Atanga è in realtà l’ultimo giocatore formatosi nel Red Bull Ghana: nel 2013, infatti, l’accademia chiude ufficialmente i battenti per i risultati poco soddisfacenti rispetto al progetto iniziale. In un’intervista rilasciata, lo stesso anno, al giornale Salzburger Nachrichten, Gérard Houllier, ex allenatore del Liverpool e commissario tecnico della Francia, ora supervisore a livello globale delle squadre griffate Red Bull, spiega il perché del fallimento del progetto: «Da un lato, la posizione in sé non era ideale, essendo stato pensato in un’area dislocata a metà tra la capitale Accra e Kumasi, due grandi città. Dall’altro lato ci sono stati errori pratici nella gestione sul luogo».
Il sociologo Martin Kainz ha analizzato da vicino le possibili cause e le ha spiegate nel libro “Red Bull Ghana. Un’accademia in una terra perduta”: secondo Kainz, la società con sede a Fuschl am See ha sottovalutato i legami sociali necessari per creare rete finendo per essere vista come l’ennesimo rigurgito coloniale europeista che commercia giocatori al pari di merce. In un paese dove per raggiungere il nuovo impianto sportivo bisogna percorre chilometri di strada sterrata, la Red Bull non si è curata di estendere il suo progetto che di fatto è rimasto come una cattedrale nel deserto. Quando una multinazionale che muove fatturati miliardari si inserisce in questo contesto, la popolazione residente fa delle richieste parallele allo sport: Kainz spiega che alla società dell’energy drink si era chiesto di migliorare le infrastrutture garantendo acqua potabile e strade asfaltate. Aspettative esagerate, secondo la Red Bull che vedeva tale programma più in linea con un’organizzazione umanitaria che con una macchina per fare soldi. L’aver fatto il minimo indispensabile, l’aver dialogato poco o nulla con le istituzioni politiche locali e aver proiettato un modello culturale europeo non sovrapponibile con quello autoctono ha man mano isolato l’accademia ideata inizialmente come trampolino di lancio per successi e una vita migliore sia per i giovani calciatori, ma anche per i genitori. Martin Kainz, inoltre, è stato ospite diverse settimane nella struttura in Ghana e ha notato una difficoltà di integrazione tra africani ed europei, ognuno diviso in vari gruppetti in aree separate. Tanti piccoli, ma determinanti fattori che hanno fatto implodere il sistema.
Nell’agosto del 2014, il centro sportivo è stato rilevato dal Gomoa Fetteh Feyenoord, formazione satellite della squadra di Rotterdam che ha rifondato l’accademia con il nome di  West Africa Football Academy (WAFA). Dal nome si intuisce l’intento: scovare giocatori dell’Africa occidentale tra Nigeria, Costa d’Avorio, Senegal, Burkina Faso, Benin, Togo, Mali, Gambia e Liberia.

David Atanga con la maglia del RB Salisburgo
David Atanga con la maglia del RB Salisburgo

Dall’Africa al Brasile: l’accademia Red Bull non si ferma
Nel 2007, le mire espansionistiche della società austriaca non si rivolgono solo all’Africa: l’idea di scoprire talenti e portarli in Europa, leit motiv del progetto Red Bull, coinvolge anche la patria del futebol, il Brasile, terra verde e rigogliosa non solo per la foresta Amazzonica. Attraversato l’oceano Atlantico, Dietrich Mateschitz e la sua ciurma approdano nello stato del Rio Grande do Sul: il piano è la stesso che ha portato alla nascita del RB Salisburgo, ovvero, trovare una squadra di calcio in un’area spendibile per molteplici interessi economici, per far presa su tifosi e popolazione, rilevare la società, cambiare stemma e colori sociali. Pedro Navio e Stefan Kozak, responsabili Red Bull in Sud America, agganciano il target ideale, l’Esporte Clube Juventude, società fondata nel 1913 della città di Caxias do Sul. In realtà, sin da subito, nella testa di Pedro e di Stefan c’è scetticismo, accompagnato da diverse domande: come gestire la tradizione secolare del club? Come reagiranno i tifosi al cambio di colore, dal verde-bianco al biancorosso, gli stessi dei loro rivali cittadini del Caxias? Domanda non banale, non fosse per altro che, nel 1972, Caxias – Gremio fu la prima partita a colori trasmessa nelle televisioni brasiliane. Qui l’attaccamento cromatico è molto sentito. Così il progetto Juventude viene classificato come “non praticabile” e quindi archiviato e cestinato.

Red Bull Brasil 3 x 0 Goiânia - Copinha 2016
Red Bull Brasil 3 x 0 Goiânia – Copinha 2016

Progetto ambizioso: mettere le ali e affermarsi nella terra del futebol
Dopo aver rivisto i piani strategici e impostato nuove aree di ricerca, la Red Bull decide di avanzare e di stabilirsi a Campinas, alle porte di San Paolo, la metropoli più accattivante in Brasile e patria del “Trio de ferro”, composto da  tre nobili del calcio carioca come Corinthians, Palmeiras e São Paulo. Qui, con diverse difficoltà, tra tradizionalismo di una terra esportatrice di un calcio inimitabile e società che mai e poi mai non avrebbero ceduto il loro marchio, la Red Bull decide di fondare una sua squadra “ex novo”. Il 19 novembre 2007 nasce, così, il Red Bull Brasil al quale la società della bevanda ambrata avrebbe voluto affiancargli uno stadio nuovo, magari sfruttando i permessi per i successivi campionati del Mondo del 2014. Fallita anche questa richiesta, la squadra gioca le sue partite casalinghe nell’Estádio Moisés Lucarelli, di proprietà del Ponte Preta e soprannominato “Majestoso” perché alla sua inaugurazione, nel 1948, era il terzo impianto sportivo più grande in Brasile.

L’ambizione è notevole: sin dall’esordio ufficiale, il Red Bull Brasil mette in secondo piano il suo essere semplicemente costola di Salisburgo e New York e costruisce una propria identità, inanellando tre promozioni in pochi anni. Alla sua seconda stagione, nel 2009, vince il campionato di Segunda Divisão, il quarto livello professionistico del Campionato Paulista; l’anno dopo vince il campionato di Série A-3 e arriva alle semifinali della Copa Paulista; rimane in Série A-2 per quattro stagioni, prima di approdare in Série A-1, il massimo campionato paulista, in cui milita tutt’oggi.
Dal 2014 il “Toro loko” è allenato dal 36enne Mauricio Barbieri, “o Seguidor de Mourinho di cui applica stile e filosofia dopo averlo seguito durante uno stage al Porto, nel 2004 anno glorioso per i lusitani che, sotto la guida di José, hanno sollevato la Champions League al cielo.

I "Toros Lokos", i supporter del Red Bull Brasil
I “Toros Lokos”, i supporter del Red Bull Brasil

Il difensore André Ramalho, dal Brasile a Salisburgo: è lui la filosofia Red Bull
Pur non essendoci giocatori di spicco internazionale che si sono affermati partendo dal team brasiliano, c’è un giocatore che incalza la filosofia avvolgente Red Bull, André Ramalho. Profilo interessante, classe 1992, Ramalho è un difensore centrale nato a  Ibiúna, vicino San Paolo ed è cresciuto calcisticamente proprio nelle giovanili dell’omonimo club. Da quando, nel 2008, è entrato nelle giovanili del Red Bull Brasil, André ha seguito tutta la trafila dell’azienda austriaca: nel 2009 è stato promosso in prima squadra, nel 2011, dopo un provino assieme ad altri tre ragazzi, è stato scelto per aggregarsi alla compagine Juniores della squadra di Salisburgo, nel 2012 è stato per una stagione nell’FC Liefering e, finalmente nel 2013, ha fatto il debutto in prima squadra. A credere in lui e a dargli la maglia numero 5 è l’allenatore Roger Schmidt che gli consegna la gestione del reparto difensivo. Ramalho, dotato di un buon inserimento di testa sui calci piazzati, con la squadra salisburghese si è fermato a 99 presenze e nove goal: in scadenza di contratto nel giugno 2015, è stato acquistato dal Bayer Leverkusen, squadra della Bundesliga tedesca, allenata dallo stesso Roger Schmidt, dal 2014 nelle “Aspirine”.
Alla domanda se il progetto in Brasile è destinato a fallire come in Ghana, Gérard Houllier è categorico: «L’accademia è in piedi da diversi anni e funziona. E credetemi ci sono altri calciatori che hanno le carte in regola per giocare in Europa».

André Ramalho alza il Meisterschale vinto nel 2014 con il Salisburgo
André Ramalho alza il Meisterschale vinto nel 2014 con il Salisburgo

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